Come noto, la legge n°247 del 2012, all’art. 13, co. 10[1], ha affidato al D.M. n°55 del 2014 la determinazione della misura massima della somma dovuta per il rimborso delle spese forfettarie, da quest’ultimo successivamente fissato, ai sensi dell’art. 2, co. 2, “…di regola nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione…”[2].
La predetta formulazione è stata di recente oggetto d’interpretazione da parte della Suprema Corte a seguito della dedotta violazione di legge di una sentenza con cui il Tribunale aveva liquidato il compenso oltre alle spese forfettarie, senza tuttavia determinarne l’ammontare.
La Suprema Corte di Cassazione, sez. I^, con ordinanza n°9385 del 26 aprile 2018, depositata in cancelleria il 4 aprile 2019, fornisce i seguenti condivisibili chiarimenti, partendo dall’interpretazione letterale ed ermeneutica dell’art. 2, co. 2 D.M. n°55/14.
Gli Ermellini, in particolare, ritengono che, dall’utilizzo dell’espressione “di regola”, contenuta nell’art. 2, co. 2, D.M. n°55/14, derivi che all’avvocato spetti la liquidazione delle spese forfettarie nella misura del 15% “…in mancanza di diversa determinazione giudiziale”, con due conseguenze:
- sul piano motivazionale, qualora il giudice voglia derogare alla predetta regola, dovrà darne atto “…direttamente o indirettamente in relazione alla complessità della prestazione e al suo pregio”, essendo necessaria un’apposita motivazione perché la predetta misura possa essere derogata in peius;
- “…sul piano presuntivo, relativa alla doverosità della lettura del provvedimento giudiziale, che non rechi la determinazione percentuale del rimborso o addirittura nulla dica in ordine alla sua spettanza, nel senso che il provvedimento stesso abbia implicitamente recepito la regola e, quindi, abbia riconosciuto il rimborso nella misura del 15%”.
Alla luce di quanto sopraesposto,
la Suprema Corte afferma il seguente condivisibile principio di diritto: “Il provvedimento giudiziale di
liquidazione delle spese processuali che non contenga la statuizione circa la
debenza o anche solo l’esplicita determinazione della percentuale delle spese
forfettarie rimborsabili ai sensi dell’art. 13 comma 10 della I. n. 247 del
2012 e dell’art. 2 del d.m. n. 55 del 2014 è titolo per il riconoscimento del
rimborso stesso nella misura del 15% del compenso totale, quale massimo di
regola spettante, potendo tale misura essere soltanto motivatamente diminuita dal
giudice”.
[1] Legge n°247 del 2012, all’art. 13, co. 10: “…oltre al compenso per la prestazione professionale, all’avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfettarie, la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al comma 6…”
[2] Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense (D.M. n°55/2014), art. 2, co. 2: “Oltre al compenso e al rimborso delle spese documentate in relazione alle singole prestazioni, all’avvocato è dovuta – in ogni caso ed anche in caso Rassegna Forense – 2/2014 439 D.M. 10 marzo 2014, n. 55 di determinazione contrattuale – una somma per rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15 per cento del compenso totale per la prestazione, fermo restando quanto previsto dai successivi articoli 5, 11 e 27 in materia di rimborso spese per trasferta.”